Perché portare un bambino in fascia?

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“Per nove mesi il neonato ha dormito a contatto con sua madre ed è stato abituato alla presenza di movimenti respiratori familiari, al battito cardiaco e al calore. Il fatto che il bambino “tutto ad un tratto” nasca non significa che ciò debba cambiare.” (William Sears)
Dal primo respiro tra luci accecanti, rumori forti, urla in una lingua ancora incomprensibile il neonato, che non ha ancora la consapevolezza dell’io e del tu, dei confini fra il proprio corpo e quello dell’altro sperimenta per la prima volta la perdita di contatto corporeo con la madre. Il primo istinto è quello di urlare, la prima consolazione il petto caldo di mamma. Ci potremmo fermare qui ed affermare che portare i bimbi in fascia è utile perché garantisce un modo comodo ed ergonomico per tenere il bimbo al posto giusto, ma le motivazioni anche scientificamente validate per vivere una maternità a contatto coi propri figli sono davvero tante.
Partiamo dal parlare del periodo necessario al bambino per diventare “altro” dalla mamma, l’Esogestazione, che dura nove mesi, approssimativamente fino a quando impara a gattonare cioè a spostarsi in maniera autonoma alla scoperta del mondo. Considerato che sarebbe impossibile passare attraverso il canale pelvico della madre dopo ulteriori nove mesi di vita intrauterina (Portman 1969 Bostock 1962) è necessario che la nascita avvenga alla data presunta del parto e per i successivi nove mesi il bambino deve adoperarsi per reclamare la vicinanza della madre o di qualcun altro che si prenda cura di lui e faccia fronte ai suoi bisogni primari. Il cucciolo d’uomo in quanto mammifero appena nato non ha la capacità di spostarsi da solo, non vede che luci ed ombre, ha bisogno di essere nutrito perché non sa come procurarsi il cibo, dipende totalmente dalla mamma, ma a differenza di altri cuccioli come gattini, puledri o vitelli che in qualche settimana imparano a sopravvivere, il bebè nel primo mese impara a mala pena a succhiare efficacemente dal seno materno. Viene così definito un “ prematuro fisiologico”.
Possiamo quindi considerare che tenere il bambino addosso in fascia anche per molte ore al giorno permette al neonato di sentirsi ascoltato nei suoi bisogni immediati piuttosto che se fosse nel lettino, e al sicuro perché contenuto e avvolto a contatto col corpo del genitore che diventa un CORPO-MONDO tutto da sentire, toccare, un terreno su cui fare esperienze sensoriali e ritrovare il ritmo cardiaco, l’odore, le vibrazioni, il movimento che lo hanno accompagnato per tutta la gravidanza.. Ecco allora che il cucciolo si può sentire libero di lasciarsi andare al sonno, gli stimoli eccessivi e i rumori del mondo esterno sono filtrati dalla fascia e al risveglio la prima immagine disponibile è il volto amico di chi lo sta portando, ad una distanza a cui già gli occhi riescono a vedere sin dai primi giorni.
Camminando, facendo una passeggiata e durante il lavoro fisico i movimenti sono ritmici e la frequenza cardiaca, respiratoria e i passi si armonizzano rilassando il sistema psicovegetativo di chi porta . Il bambino lo sente e lo annusa perché una persona rilassata odora diversamente, e allora si rilassa anche lui e riesce a dormire e digerire meglio. Inoltre a livello tattile, sensoriale e propriocettivo il neonato sente i movimenti muscolari, spaziali e posturali di chi lo porta e apprende così sequenze motorie che saranno utili per il suo sviluppo lasciando al genitore la completa libertà di movimento. Anche dal punto di vista strettamente fisiologico si riconosce al cucciolo d’uomo la naturale predisposizione alla nascita ad essere preso in braccio e messo in fascia: la forma ad “O” delle gambe e la divaricazione flessa sono funzionali alla posizione che assumono quando vengono fatti aderire al corpo della madre e la forma della colonna vertebrale che è descritta inizialmente da una cifosi completa nel tessuto della fascia viene perfettamente vestita e contenuta.
Con il “PORTARE” si costruisce un rapporto con proprio bimbo basato sulla “fiducia primaria” che mostra al bambino la disponibilità della persona che lo porta e che ogni volta mettendosi la fascia crea uno spazio stabile, sicuro, continuativo e duraturo: indipendenza e legame hanno effetto uno sull’altro, una base sicura rende possibile e favorevole lo sviluppo dell’autonomia.
Man mano che il bambino cresce con le legature e le posizioni si asseconda la sua evoluzione fisica e psicologica favorendo il passaggio dalla simbiosi alla naturale voglia di indipendenza e di scoprire e conoscere il mondo e gli altri.
Concludendo possiamo quindi considerare la fascia come un prezioso e valido strumento per soddisfare il bisogno primario di contenimento del neonato fin dalla nascita nel rispetto più totale della sua natura fisica e delle sue necessità emotive, lasciando al genitore la piena libertà di movimento e indipendenza. Permette di accudire e “proteggere” il proprio cucciolo in un atteggiamento di ascolto reciproco dal parto fino al raggiungimento di una sua sempre più marcata voglia e bisogno di movimento, scoperta e autonomia.
Maddalena Giacomoni Ostetrica della Casa delle Mamme

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